macchina
di Ernesto?"
"Sì, quella blu sfondata."
"Ecco, vieni che ti spiego cosa devi fare."
La musica sembra salire. Lo scoop sta facendo effetto. Dani
balla sfrenata davanti a Giuli.
"Come stai?"
Da sogno.
"E che effetto ti fa?"
"E che ne so? Non lo so. Non capisco più niente, so solo che
voglio scopare! Voglio scopare!"
Daniela salta come una pazza gridando, coperta a volte dal suono
della musica, a volte no. Proprio come quando finisce davanti
ad Andrea Palombi.
" Io voglio scopare ! " urla Daniela a squarciagola. Andrea le
sorride.
"Finalmente!" Le fa eco. "Anch'io!"
"Sì, ma io non con te! "
E Daniela continua a correre urlando, saltando di gioia, facendo
casino, persa tra le braccia che la toccano, bevendo bicchieri
che le passano davanti, ballando con sconosciuti, fino a trovare
quelle mani, quelle labbra, quel viso, quel sorriso... Ecco.
Cercavo
te. Mi piaci. Sei proprio bello. E lo vede biondo e poi bruno
e poi non lo vede più. E poi si trova in una camera e lo vede
spogliarsi.
E si vede spogliarsi. Il cellophane del materasso viene sfilato
via come la carta di un gelato, di un gelato da leccare. Ed è
quello che lei fa. Poi si perde distesa su quel materasso freddo.
Delle mani la prendono da sotto, le allargano le gambe. E piano
piano si sente accarezzare. Ahi, mi fa male... Fa male... Ma deve
far male? È così, pensa. Sì, è così. È bello anche perché fa male.
E
continua a vedere quello strano mare intorno a sé. E tutto
ondeggia.
E su e giù. E su e giù. Come quel corpo su di lei. E poi sorride.
E ride. E ha un'unica domanda. Ma domani mattina qualcuno
scriverà qualcosa sul muro per me? È così che funziona, no?
Una scritta d'amore solo per me... E sorride. Addormentandosi.
Non sapendo che non ci sarà nessuna scritta, di nessun genere. E
neanche un nome, se è per questo.
Più tardi. È l'alba.
"No, non ci posso credere!" Ernesto corre distrutto verso la
sua macchina blu.
"Mi hanno sfondato il finestrino! "
"Capirai," fa Madda salendo in macchina, "è già tutta sfondata! "
"No, ma non hai capito, m'hanno fregato un bellissimo regalo
che avevo preso per te! Non sai, avevo speso un sacco di soldi.
Era
quel giubbotto rosa, quello che ti piaceva tanto ! "
"Sì e tu hai scucito ben 1000 euro per me?! E cosa volevi mai
in cambio? Eh? A furbo! Domani ce credo. Portami a casa, va', che
sono stanca e ho sonno! "
"Te lo giuro, Madda! Te l'avevo preso."
"Sì sì, va bene. Senti, io devo andare a casa che domani mattina
parto presto."
"Per dove?"
"Firenze, starò fuori una settimana. Magari ci sentiamo quando
torno."
"A fare che?"
"Ma, per lavoro, altre serate, altre cose. Ma che, me stai a fa'
l'interrogatorio? Senti, oh, guarda che così mi stressi... mi stai
sempre
addosso, e mollami! "
E così Madda scende al volo e sale sulla prima macchina che
passa. È quella di Mengoni ed è ancora più felice di andare via
con
lui. Ernesto le corre dietro gridando.
"Dove vai? Aspetta!"
Madda sorride tra sé. Ma aspetta che? Il giubbotto rosa è già a
casa che m'aspetta. E senza dartela. Che serata. Da sogno! Ho pure
conciato per le feste la Gervasi piccola. È stato veramente un
sogno!
E Madda non sa, invece, a quale incubo ha dato vita.
Capitolo 12.
Dormiveglia. Sento i rumori di Paolo dalla cucina. Mio fratello.
Muove le cose cercando di non fare rumore, lo capisco da come
vengono poggiati i piatti sul tavolo e richiusi i cassetti. Mio
fratello
è una donna. Ha le stesse attenzioni che aveva mia madre. Mia
madre. Sono due anni che non la vedo, chissà come avrà adesso i
capelli. Li cambiava spesso nell'ultimo anno. Seguiva la moda, i
consigli delle amiche, una foto su un giornale. Non ho mai capito
perché una donna è sempre così fissata sui capelli. Mi viene in
mente
un film con Lino Ventura e Françoise Fabian, Una donna e una
canaglia. 1970. Lui finisce in prigione. Lei va a trovarlo. Buio.
Si
sentono solo le loro voci.
"Cosa c'è?... Perché mi guardi così?"
"Hai cambiato taglio di capelli."
"Non ti piaccio?"
"No, è che quando una donna cambia taglio di capelli vuol dire
anche che sta per cambiare uomo."
Sorrido. Mia madre ha visto molte volte quel film. Magari ha
preso sul serio quelle parole. Una cosa è sicura: ogni volta che
la
incontro non ha mai lo stesso taglio. Paolo compare sulla porta,
la
apre piano, attento a non farla cigolare: "Stefano, vieni a fare
colazione?".
Mi giro verso di lui: "Hai preparato roba buona?".
Rimane un momento perplesso: "Sì, credo di sì".
"Va bene, allora vengo." Non capisce mai quando scherzo. In
questo non ha preso da mia madre. Mi infilo una felpa e rimango
in mutande.
"Ammazza come sei dimagrito."
"Di nuovo... Già me lo hai detto."
"Dovrei trasferirmi anch'io per un anno in America. Si tocca
un rotolo della pancia prendendolo tra due dita: "Guarda qui".
"Il potere e la ricchezza regalano la pancia."
"Allora dovrei essere magrissimo. " Cerca di buttarla sullo
scherzo.
Anche in questo è diverso da mamma perché non gli riesce.
"A che pensi?"
"Che sei forte ad apparecchiare."
Si siede soddisfatto: "Be' sì, mi piace..." . Mi passa il caffè.
Io lo
prendo e a occhio ci aggiungo un po' di latte freddo, senza
neanche
provarlo, poi addento un grosso biscotto al cioccolato: "Buono".
"È cacao amaro. Li ho presi per te. A me non piacciono. Sono
troppo amari. Mamma te li prendeva sempre quando stavamo a casa
tutti insieme."
Rimango in silenzio a bere del caffellatte. Paolo mi guarda. Per
un attimo vorrebbe aggiungere qualche cosa. Ma ci ripensa e si
prepara
il suo cappuccino.
"Ah, ieri sera ti ha chiamato quella ragazza, Eva Simoni, ti ha
trovato sul telefonino?"
Eva. Ecco come si chiama: Simoni. Mio fratello sa pure il cognome.
"Sì, mi ha trovato."
"E l'hai vista?"
"Che sono tutte queste domande?"
"Sono curioso, aveva una bella voce."
"All'altezza del resto."
Finisco di bere il caffellatte: "Ciao Pa', ci vediamo".
"Beato te che stai così."
"Che vuol dire?"
Paolo si alza e comincia a mettere tutto a posto: "Dai, che stai
così, libero, te la diverti, fai quello che ti pare. Sei stato
fuori, sei
ancora sul sospeso, non definito".
"Sì, sono fortunato." Me ne vado. Gli dovrei dire troppe cose.
Gli dovrei spiegare in maniera gentile che ha detto un'ignobile,
grande, terribile cazzata. Che uno cerca la libertà solo quando si
sente prigioniero. Ma sono stanco. Ora non mi va, non mi va
proprio.
Entro in camera, guardo la sveglia sul comodino e riesco di
botto.
"Cazzo, ma tu mi hai svegliato e sono solo le nove?"
"Sì, fra poco devo stare in ufficio."
"Ma io no!"
"Sì, lo so, ma visto che devi andare da papà..." Mi guarda
perplesso.
"Ma... non te l'avevo detto?"
"No, non me l'avevi detto."
Continua a mantenere una certa sicurezza. Poi mi guarda col
dubbio di averlo fatto o meno. E veramente sicuro di avermelo
detto,
oppure è un grande attore.
"Be', comunque ti aspetta alle dieci. Ho fatto bene a svegliarti,
no?
"E certo, come no. Grazie Paolo."
"Figurati."
Niente. Ironia zero. Continua a mettere le tazze e la caffettiera
nel lavabo tutto ordinatamente nella vasca a destra, sempre e solo
in quella a destra.
Poi torna sull'argomento.
"Ehi, ma non mi chiedi perché papà ti vuole vedere alle dieci,
non sei curioso?"
"Be', se mi vuole vedere immagino che poi me lo dirà."
"E già, certo."
Vedo che è rimasto un po' male.
"Ok. Allora... Perché mi vuole vedere?"
Paolo smette di lavare le tazze e si gira verso di me asciugandosi
le mani su uno straccio. È entusiasta.
"Non dovrei dirtelo perché è una sorpresa."
Si accorge che mi sto incazzando.
"Però te lo dico perché mi fa piacere. Credo ti abbia trovato
un lavoro! Sei felice?"
"Moltissimo."
Però, sono migliorato. Riesco a fingere bene anche davanti a
una domanda così.
"Allora che ne dici?"
"Che se continuo a chiacchierare con te faccio tardi."
Vado a prepararmi.
Sei felice? La domanda più difficile. "Per essere felici," dice
Karen Büxen, "ci vuole coraggio." Sei felice... Una domanda così
poteva farla solo mio fratello.
Capitolo 13.
Dieci meno un minuto. Guardo il mio cognome scritto sul
campanello.
Ma è casa di mio padre. È scritto a penna in modo irregolare,
senza fantasia, senza calore, allegria neanche a parlarne. In
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