con la testa. Invidia per Eva o per quegli anni ormai passati, più
belli
perfino di lei. Salgo le scale. 202. Mi fermo e busso.
"È lo champagne?" chiede divertita venendo verso la porta.
"No, la birra."
Apre: "Ciao, entra". Mi bacia due volte sulla guancia. Cammina
tranquilla, leggermente altera ma più morbida di come passeggiava
sull'aereo. E un'altra cosa. Ha i capelli sciolti.
"A parte gli scherzi, vuoi qualcosa da bere? Me la faccio portare
da giù."
"Sì, te l'ho detto. Della birra."
"Quella è nel frigo." Mi indica un piccolo frigorifero nell'angolo
opposto al suo. Vado a prenderla. Quando mi giro è già seduta
sul divano. Ha le braccia aperte, poggiate sul bracciolo e sul
cuscino. Le gambe lasciate andare giù, con le ginocchia che si
stringono
vicine. "Sono stravolta. Ho fatto un giro per fare shopping
come mi avevi detto tu."
"E come è andata?"
"Bene. Ho comprato una camicia da notte e un completo molto
carino di un blu particolare, 'blu perso', così l'ho chiamato io.
Ti piace?"
"Molto."
Sorride, si tira su, sedendosi più dritta: "Vuoi vedere come mi
sta?".
Vivace, attenta, divertita. E mi sorride. Mi guarda in maniera
più intensa. Con una strana malizia. Per dimostrare qualcosa, la
sua
ipotetica eleganza o chissà cos'altro. È una sfida? L'accetto. "Ma
certo."
Prende una busta. Mi guarda, poi alza il sopracciglio e divertita
si allontana. Ma so che vuole sentirselo dire.
"Dove vai?"
"In bagno. Che pensavi?" E chiude dietro di lei la porta con
un ultimo sorriso della serie: "Ma tra poco sono qui, cosa credi".
Finisco la birra appena in tempo. Eccola. Eva.
"Come sto?" Ha la camicia da notte trasparente che le scivola
sul corpo come un'onda leggera, così leggera che mi sembra quasi
di sentire quel mare. È color blu polvere. Blu perso, come ha
detto
lei. Ha pettinato anche i capelli. Perfino il sorriso, non so, è
cambiato.
"Carina. Molto. Se questa è la camicia da notte... ora vorrei
vedere
il completo."
Ride. Poi cambia espressione e si avvicina con fare professionale.
È tornata hostess. "È lei che ha suonato? Cosa desidera?"
Non mi vengono battute. Me ne affiora una: "Come direbbe la
signora:
'Te, gnocca' ". Ma la trovo pessima. E l'abbandono. E faccio
bene.
Ma lei insiste.
È vicinissima al mio viso. E mi torna in mente per un attimo
quella canzone dei Nirvana, "If she ever comes down now...".
"Allora, cosa desideri?"
"Perdermi nel tuo blu perso."
E questa le piace. Eva ride. Me la dà buona. La battuta. Decide
di sì, di farmi perdere subito. Mi bacia. Meravigliosamente bene,
tranquilla, morbida, a lungo. Gioca con il mio labbro inferiore
succhiandomelo, lo tira leggermente a sé, alla sua bocca. Poi, a
un
tratto, lo lascia andare. Ne approfitto.
"Ti ho portato una cosa."
D'altronde non c'è fretta. Non è previsto l'atterraggio. Non
adesso. Mi stacco da lei e prendo la busta. Rimane sorpresa a
guardarmi.
Ha i capezzoli che affiorano tra le pieghe leggere della sua
camicia da notte. Ma non voglio perdermi ora tra quelle correnti.
Apro la busta sotto i suoi occhi.
"No, stupendo. Due fette di cocomero!"
"Le ho prese da un mio amico a Ponte Milvio. Era una vita che
non lo vedevo, me le ha regalate."
Gliene passo una.
"Ha i cocomeri più buoni di Roma." Dopo i tuoi, vorrei aggiungere.
Ma sarebbe peggio dell'altra. Addenta la fetta e subito
con un dito raccoglie un po' di succo che le scivola dalle labbra
e
succhia cercando di non perderne neanche una goccia. Rido. Sì.
Non c'è fretta. Addento la mia anch'io. È fresca, dolce, buona,
compatta,
non farinosa. Eva continua a mangiare. Le piace. Le divoriamo
guardandoci, sorridendo. Diventa quasi una gara. Le mezze
lune rosate alla fine ci rimangono in mano. Mentre con la bocca
continuiamo a masticare. Il succo ci scivola giù fino al mento.
Lei
poggia la sua fetta finita sul tavolo e, senza asciugarsi la
bocca, mi
bacia di nuovo.
"Ora sei tu il mio cocomero." Mi morde sul mento e mi dà una
leccata tutt'intorno alla bocca, frenata solo dalla mia barba
ancora
leggera. E lei decisa, affamata, divertita. Ancora più donna.
"Sai, ti ho desiderato in aereo e ti desidero adesso..."
Non so cosa risponderle. Mi fa strano sentirla parlare. Rimango
in silenzio mentre lei mi sorride. "È la prima volta che vado con
un passeggero."
Tranquillo tiro fuori il telefonino dalla tasca. Penso alla
suoneria
e lo spengo. Certo, visto come stanno andando le cose, è il più
bel regalo che Paolo mi potesse fare.
"Invece tu eri l'unica hostess che mi mancava."
Prova a darmi uno schiaffo. Le blocco al volo la mano e la bacio,
dolcemente. Si arrabbia, fa la finta imbronciata, sbuffa.
"Però sei anche il cocomero più buono che abbia mai assaggiato."
Scuote la testa divertita e si libera dalla presa. Si siede
davanti
a me con le gambe incrociate. Decisa, sfrontata, spavalda. Mi
infila
apposta la mano lì davanti. Lentamente, con dolcezza. Dove sa
lei. Dove so io. Mi guarda negli occhi, con sfida, senza pudore. E
io la guardo, senza cedere, sorridendo. Allora mi tira a sé, con
desiderio,
avida, aggrappandosi quasi alle mie spalle. E mi lascio andare,
così. Mi perdo in quell'ex blu perso, piacevolmente rapito
dalla dolcezza del tutto, cocomero compreso.
Capitolo 9.
Lontano. Sull'Aurelia, prima di Fregene, a Castel di Guido. Un
vecchio castello abbandonato è stato tirato a nuovo. Cinquanta
writer hanno passato due giorni a graffitarlo. Cinque americane
tirate
su con lampade d'ogni tipo, tanto da poterlo, in un attimo,
illuminare
a giorno. All'interno, tre consolle con duecento casse da
100 kw sparse lungo i saloni abbandonati, su, nelle rocche, nelle
stanze con gli antichi affreschi ormai scoloriti dal tempo e
perfino
nelle cantine. Cinquemila candele disseminate a caso tra il
giardino
e gli interni. E come se non bastasse, due camion con più di
duecento
materassi ancora coperti dal cellophane. Sì, perché non si sa
mai... E quel non si sa mai Alehandro Barberini non se lo lascia
certo
scappare. Questa è la sua serata. Per i suoi vent'anni il padre
gli
ha regalato una carta nera della Diners. E quale migliore
occasione
per inaugurarla se non questa? 200.000 euro, una strisciata et
voilà, il gioco è fatto. E Gianni Mengoni non si è certo lasciato
scappare
l'occasione di un evento come questo. È lui che ha preso in
mano la situazione. Ha ordinato più di mille bottiglie di alcolici
e
trecento di champagne, quarantacinque vasche gonfiabili piene di
ghiaccio eventi camerieri... d'altronde, perché andarci cauti?
Lui,
solo per l'organizzazione, si è fatto staccare un assegno da
30.000
euro. Già incassato. "Sai, con questi nobili un po' decaduti un
po'
no, non si sa mai" ha detto al povero Ernesto, che si è dovuto
occupare
sul serio di tutta l'organizzazione. Per Ernesto invece 1800
euro e una faticata che dura da più di un mese. Ma per lui quei
1800 sono una manna dal cielo. Vuole colpire al cuore la bella
Madda.
È un mese che trescano ma ancora non gliel'ha data. Stasera
sente di poter andare sul sicuro. Le ha comprato il giubbotto che
le piaceva tanto. 1000 euro suonati per della pelle rosa anticata
graffiata.
Ma contenta lei... contento pure lui. Il pacchetto l'ha nascosto
in macchina e quando tornerà a fine serata, all'alba... o quando
sarà, sarà... è già sicuro di quel suo sorriso. Di quel sorriso
che
l'ha tanto colpito, che l'ha convinto a prenderla come aiutante
anche
per questa serata. E per "soli" 500 euro. Insomma, se tutto va
bene, alla fine della serata Ernesto si metterà in tasca 300 euro
ma
avrà qualcosa in cambio che non ha prezzo. Certe felicità non
fanno
caso agli zeri.
"Dani, ma dov'eri finita? E un'ora che t'aspetto qua fuori."
"Lo so, ma abbiamo dovuto lasciare la macchina in fondo. Ha
sempre paura che gliela rigano."
"Ma perché, con chi sei venuta?"
"Come con chi? Te lo avevo detto, con Chicco Brandelli!"
"Non ci credo!"
"Guarda che quando io dico una cosa è quella."
"Ma ancora gira... Guarda che quello t'ha puntato solo per
vendicarsi
di tua sorella ! "
"Sentila. Ma quanto sei acida. Con me è carino invece. Ma poi
che ne vuoi sapere tu. Ma perché, scusa, Giovanni Franceschini,
quello che ha sempre fatto il filo a cosa... a quella della III A,
come
si chiama?"
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